BANGLADESH – 2003 Il VISTO
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/109%20Rajshahi.html Non si
sa esattamente quanti siano in tutta la città, qualcuno dice più di 600.000
(su una popolazione di 7.000.000 anime). Certo
è che per molte persone che si spostano dalla campagna in città in cerca di
vita un po’ migliore, riuscire a prendere in affitto o a comprare un risciò
può presentare un importantissimo aiuto per la loro sopravvivenza. Ma non
tutti, ovviamente, sono così fortunati.
I taxi
a quattro ruote sono più rari e si trovano solo in alcune zone della città.
Sembra
regnare ovunque la confusione, gente che parte o arriva coi barconi si
mescola con chi cerca di vendere qualcosa e con gente che trascina la propria
vita sulla riva fangosa o sui relitti semiaffondati che giacciono attorno.
Alcune
donne lavano i panni in questa acqua maleodorante color fango. Gruppi
di bambini riescono a giocare nell'acqua mentre noi abbiamo la sensazione di
aver ricevuto un pugno nello stomaco.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/004Sadarghat.html Ci
sentiamo completamente fuori posto, ci sembra quasi di esserci intromessi nel
privato di altre persone, vorremmo chiedere scusa per essere nati in un altro
paese, per stare bene, per essere fortunati e, soprattutto, per avere voluto
infilare il naso nella loro vita.
E per
l’ennesima volta penso che per una grande fetta di umanità la speranza più
ottimistica che può avere è quella di riuscire ad arrivare al giorno dopo.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/019%20Facchini.html Fuori
della zona dei moli ci dirigiamo verso la zona storica della vecchia Dhaka,
poco lontana dal molo. Visitiamo
l’ Ashal Manzil, bel palazzo costruito nel 1872 per uno dei più ricchi
“zamindar” locali.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/020%20AshanManzil.html Gli
zamindar erano i proprietari terrieri, quasi sempre indù che, all’epoca degli
inglesi, avevano stretti rapporti di collaborazione con gli occidentali. Per
avere un’idea di quello che poteva essere la “collaborazione” tra proprietari
terrieri e inglesi, è interessante leggere le parole pronunciate dal
Governatore Generale dell’India Lord Bentinck a proposito decreto di
privatizzazione delle terre indiane, che aveva portato grandi ricchezze agli
alleati locali di Londra: "Pur
essendo necessarie appropriate misure di sicurezza contro sommosse o
rivoluzioni popolari, il "Permanent Settlement", anche se è stato
un fallimento sotto molti altri importanti aspetti, ha avuto almeno il
vantaggio di creare un gran numero di proprietari terrieri benestanti,
profondamente interessati alla continuazione del Dominio Britannico, i quali
sono in grado di controllare la massa del popolo".
L’Islam
ha fatto particolare presa da queste parti proprio perché, a differenza
dell’induismo che ha sempre teso a conservare le differenze di casta e di
classe esistenti, predicava l’uguaglianza tra tutti gli uomini. Facile
immaginare che gli ultimi scalini della complicata struttura indù fossero ben
felici di passare all’altra religione egualitaria.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/110.html La
Chiesa Armena della Santa Resurrezione costituisce un’oasi di pace e
tranquillità in questo animatissimo quartiere.
E’
un’architettura sorprendente e inattesa, ma soprattutto molto bella:
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/025%20Parlamento.html
Quando
gli spieghiamo che non abbiamo figli sono sempre molto stupiti e ci guardano
con un po’ di commiserazione, da questo aspetto ci vedono più sfortunati di
loro. Molti
ci chiedono speranzosi di aiutarli a trovare un posto di lavoro in Italia, e
con imbarazzo ci arrampichiamo sugli specchi per dire che da noi non è poi
tutto così bello, che si guadagna abbastanza ma la vita è carissima, che c’è
molta delinquenza, ecc.
La
prima tappa è Comilla, dove
visitiamo le rovine di Mainimati. Tra il
sesto e il tredicesimo secolo questa zona è stata un importante centro
buddista, e in zona si calcola che ci siano una cinquantina di siti buddisti. Pare
che sia passato da queste parti anche il famoso monaco cinese Xuan Zhang nel
suo viaggio da Xian all’India lungo la via della seta nel 600, e che abbia
fondato una settantina (?!) di monasteri in questa zona.
Nel
museo sono esposte delle belle statue in diversi stili e molte formelle di
terracotta decorate con realistiche e vive raffigurazioni di persone e di
animali. CHITTAGONG
Il
portiere in divisa militare, con i suoi bei baffoni grigi, ci accoglie con
tutta una cerimonia costituita da presentat’arm, colpi di tacco e giravolte
degne di Buckingam Palace.
In
albergo ci spiegano che nel corso della notte è stato deciso un “hartal”,
ossia uno sciopero di protesta. Spesso
vengono effettuati questi scioperi improvvisi, totali e rigidissimi, e pare
che possa essere piuttosto pericoloso cercare di muoversi durante queste
agitazioni.
Anche
lui dice che non muoverà un passo fuori dall’albergo ma in serata, quando lo
sciopero è ormai terminato, si presenterà da noi con il vetro dell’auto
rotto, probabilmente da una sassata, e con il serbatoio della benzina quasi
vuoto. Quando gli chiediamo particolari sul vetro rotto lui è molto evasivo.
Questo fatto avrà un seguito al nostro ritorno a Dhaka.
Sugli
appunti di viaggio di mia moglie è così descritto: “orrendo laghetto con
orrende tartarughe giganti”.
In questo
tratto di costa vengono portate per la demolizione molte carcasse di navi,
anche superpetroliere molto grandi. Vengono fatte arenare sulla spiaggia e
poi vengono prese d’assalto da una marea di persone che,
ovviamente con mezzi molto limitati tipo martelli, tenaglie, flessibili e
tranciatrici a mano, recupera tutto quello che c’è da recuperare e poi
provvede al taglio delle parti in ferro per riutilizzarle come rottami. http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/036%20Chittagong%20Cantieri%20Navali.html Le
strade che portano a questa zona sono piene di banchetti e botteghe dove si
vendono i materiali recuperati. C’è quello che vende salvagenti, quello che
vende lavandini, tute da palombaro, scialuppe di salvataggio, ecc.
COX’S BAZAR
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/046%20Cox%20Bazar.html Passa
ogni tanto qualche pescatore e passa ogni tanto qualche turista locale, con
l’immancabile borraccia e, a volte, con una improbabile borsa 24ore in mano
che, da queste parti, deve essere un importante status symbol.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/048.html Il
problema di questa spiaggia è che, immancabilmente, tutti i turisti locali
chiedono se possono farsi una fotografia insieme a noi, soprattutto con mia
moglie che è bionda ed è vista come un animale strano e curioso. Il
loro desiderio deve essere quello di poter mostrare ai parenti la fotografia
con gli amici occidentali. Ci
sentiamo un po’ come dei panda allo zoo e ce ne andiamo dalla spiaggia, per
fortuna ci sono altre cose da vedere.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/051%20Lamapara.html Anche
questi templi, come qualunque altra attrazione turistica del Bangladesh, sono
difficili da raggiungere perché quasi nessuno sa dove siano o come arrivarci
e gli autisti dei taxi non sono abituati a portare turisti. Restando
una ventina di giorni in Bangladesh, nel mese di febbraio 2003, non abbiamo
incontrato nessun altro turista occidentale, gli unici occidentali incrociati
erano persone che si trovavano in quel paese per lavoro o nell’ambito di
programmi di cooperazione e sviluppo. E
quando parlavamo con gente del posto, stentavano a credere che fossimo andati
in Bangladesh solo per “turismo” e per vedere il loro paese.
Sì,
c’è anche chi, nella speranza di passare una vita un po’ meno disgraziata,
vuole emigrare in Bangladesh !
E
questa è una coda di votanti, che vengono rigidamente divisi tra uomini e
donne :
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/093%20Elezioni.html Rientriamo
poi su Dhaka, per organizzarci il proseguimento del viaggio. Per
fortuna nessuno si fa niente e si fracassa solo un parafango dell’auto.
Ovviamente
io mi rifiuto e loro insistono, e la conversazione diventa sempre meno
gradevole. Poi riesco a capire che queste persone giustificano la richiesta
sostenendo che il danno era stato provocato mentre l’autista, per salvarci
dalla folla mal disposta verso di noi, aveva accelerato l’auto in mezzo alla
gente e che qualcuno aveva allora buttato dei sassi contro la macchina. Al che
spiego per bene quello che era accaduto realmente e questi si guardano, fanno
cenno di aver capito tutto e mi chiedono scusa, guardano con occhi
feroci l’autista che era venuto anche lui ma che se ne stava in disparte in
un angolino, e se ne vanno. Il
giorno dopo, un altro autista si è presentato sulla loro macchina. Ci
siamo rimasti un po’ male.
Direi
che non abbiamo mai visto un modo di guidare così sconsiderato e stupido come
in Bangladesh. Le
strade sono quello che sono, piene di pedoni, biciclette, carretti e autobus,
le macchine difficilmente sono in condizioni accettabili, ma gli autisti
hanno sempre e comunque la necessità di mantenere la velocità più alta
possibile tenendo l’acceleratore costantemente schiacciato a tavoletta. Gli
autisti indiani, rispetto ai bengalesi, sono dei tranquilli e pacifici
dilettanti . Questo
modo di guidare ci provocava uno spiacevole senso di disagio non solo mentre
facevamo i tragitti in macchina, ma anche quando pensavamo a quello che ci
aspettava il giorno successivo.
E’
stata costruita nel 1609, ovviamente in mattoni, vista la carenza di pietre,
e le decorazioni sono tutte ricavate su pannelli in terracotta. Mescola
elementi mogul con elementi precedenti, e il risultato è una cosa di una
bellezza e, soprattutto, di un equilibrio straordinario:
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/098%20Tangail.html All’interno
un mullah sta tenendo una lezione ad un gruppo di bambini del luogo, molto
attenti e disciplinati, beh, disciplinati prima di accorgersi della nostra
presenza.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/163%20Curiosi.html RAJSHAHI Attraversando
il ramo principale del Brahmaputra andiamo a Rajshahi, dove il Gange divide
il Bangladesh dall’India. Il
Brahamputra qui è chiamato Jamuna (nella parte ancora a monte, in Tibet, il
nome è Yarlung Tsangpo) che vuol dire gemello, evidentemente del Gange,
mentre quest’ultimo è chiamato Padma. Le
acque, senza saperlo, cambiano nome ogni volta che attraversano un confine.
C’è
grande agitazione perché è atteso l’arrivo dell’ambasciatore russo, che viene
a passare il fine settimana a Rajshahi. Viene
accolto da un gruppo di bambini con le bandierine, dalla banda locale, e da
un breve spettacolo di balletto folcloristico nel cortile dell’albergo. Insieme
a lui e alla sua famiglia, noi siamo gli unici ospiti dell’albergo, e al
ristorante lo guardiamo con invidia mentre si beve la vodka che fa parte
della sua scorta personale. Noi ci
dobbiamo accontentare della solita acqua minerale.
Venditori
di noccioline e di gelati, barcaioli che propongono piccole escursioni in
battello e gente che affitta la sedia ai ricchi signori che vogliono
godersi il tramonto seduti in maniera confortevole e più consona al loro
stato sociale.
Molto
interessante è il museo di Rajshahi, che è anche il museo più vecchio del
Bangladesh.
Gli
inglesi avevano praticamente imposto in tutto il Bangladesh la coltivazione
quasi monoprodotto della pianta da Indaco (successivamente sarebbe stata la
juta), che garantiva enormi utili a loro e ai loro alleati “zamindar” locali,
ma non ai contadini. I
contadini bengalesi facevano quindi periodicamente dei tentativi di
convertire i campi a coltivazioni che fossero più proficue anche per loro, ma
i signorotti locali si opponevano in maniera brutale a chi cercava di
disobbedire con imprigionamenti, torture, omicidi e incendi di interi
villaggi (questa politica è ancora seguita oggi in alcune zone del Bihar
indiano). E
infatti le cantine di questo palazzo erano usate come prigioni. Si
diceva che non esistesse cassa di indaco che arrivasse in Gran Bretagna senza
essere macchiata di sangue umano. A
seguito di questa situazione nacque una rivolta generale, nel 1859, chiamata
la Rivolta dell’Indaco, che durò due anni e che portò poi negli anni
successivi alla scomparsa di queste coltivazioni.
Il bel
tempio di Shiva ci attende all’ingresso del paese.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/133%20Puthia.html Poi un
grande palazzo di fine 800 che mescola elementi di architettura locale con
elementi europei, con un imponente colonnato e che adesso ospita una scuola.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/142%20PuthiaPalazzo.html E
altri stupefacenti templi indù, sempre in mattoni con decorazioni in
terracotta, tra cui il tempio di Govinda e quello di Jagannath:
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/152%20Jagannath.html Mentre
qui si vedono i pannelli in terracotta decorati:
Andiamo
poi a Natore, per vedere il palazzo del Maharaja di Dighapatia, che adesso
viene utilizzato come una delle residenze ufficiali del Presidente. Per
visitarlo occorre chiedere il permesso alla polizia locale. Cerchiamo
quindi il Comando di Polizia, il solito grande edificio malandato e triste
dove la polvere, che probabilmente risale ai tempi della Regina Vittoria,
ricopre vecchi mobili e tonnellate di vecchi documenti. Veniamo
introdotti nella sala di attesa e aspettiamo il nostro turno per essere
ricevuti dal Gran Capo. Accanto
a noi una folla di persone attende pazientemente con la speranza di essere
ricevuta per poter esporre il proprio problema di pensione, di cure mediche,
di furto di bestiame o di liti con i vicini. L’attesa
si preannuncia piuttosto lunga. Nel
frattempo scambio due chiacchiere con una persona “elegante”, che si è
addirittura messa una giacca per l’occasione, e dopo un po’, sapendo di
fargli cosa gradita, gli porgo il mio biglietto da visita. Come
il nostro autista vede questo, gli si illuminano gli occhi e mi chiede anche
lui un biglietto da visita. Con
questo in mano va dal Capo Sala d’Aspetto, gli sussurra qualcosa e gli
consegna il mio biglietto.Questo a sua volta bussa alla porta del Gran Capo,
entra con il mio biglietto e ne esce dopo pochi secondi con un sorriso
smagliante: veniamo immediatamente introdotti a corte, sorpassando tutti quei
poveri cristi che avevano certo problemi ben più gravi del mio, che
desideravo invece solo visitare un vecchio palazzo.
Esaurito
il repertorio chiama l’attendente e gli dà istruzioni per prepararci il
lasciapassare che ci permetterà di entrare nell’agognato Palazzo. La
visita del palazzo non è stata un gran che, ma la trafila per avere il
permesso è stata un di quelle indimenticabili esperienze di viaggio che ti
fanno capire qualcosa in più del paese che stai visitando.
Lì
abbandoniamo l’auto che ci ha portato da Dhaka.
Sul
menu i gamberi alla termidoro sono indicati come ”prawn thermometer”, li
ordiniamo ugualmente augurandoci che non li chiamino così perché contengono
mercurio: sono eccellenti.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/178%20Traghetto.html attraversiamo
il fiume e ci mettiamo alla caccia dei luoghi che ci interessano. Nonostante
l’autista sia della zona trovare tutto quello che vogliamo vedere sarà
un’impresa difficilissima. La
nostra fatica viene però premiata da quello che riusciamo a vedere: la
moschea a nove cupole, la tomba di Mazhar Khan Jahan Ali, la moschea di
Ronvijoypur e, soprattutto, quella di Shait Gumbad.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/181%20ShaitGumbad.html Quest’ultima
è la più grandiosa delle moschee tradizionali del paese, costruita nel 1459,
con l’aspetto di una piccola fortezza e adornata da 77 piccole cupole. Il
nome della moschea significa “60 cupole”, ma da queste parti, si sa, la gente
non è troppo pignola. SUNDARBANS
Sul
battello siamo in undici: alcuni occidentali che si trovano in Bangladesh nel
quadro di un programma di sviluppo finanziato dalla Germania, e un
giornalista bengalese del quotidiano locale con sua moglie
La
navigazione è piacevolissima, il confort a bordo assicurato dal gentilissimo
personale e dalla nostra guida, una specie di “crocodile dundee” che ha
cercato disperatamente di farci vedere una tigre ma è riuscito solo a farci
vedere una, come dire, “deiezione solida” sostenendo che era stata lasciata
da una tigre.
Questa
zona è una delle fonti maggiori di miele per il paese, e ogni anno tra aprile
e maggio una moltitudine di gente gira per queste foreste per raccogliere
miele. Nei
momenti in cui cercano di seguire il volo delle api fino al loro alveare sono
particolarmente vulnerabili agli attacchi delle tigri, che assalgono sempre
alle spalle. Nella
parte indiana del Sundarbans usano delle maschere con la rappresentazione di
un volto indossate al contrario, in modo da ingannare la tigre che vuole
attaccare alle spalle, ma nella parte del Bangladesh queste maschere non
vengono utilizzate.
Molto
belli sono stati i paesaggi, incredibilmente lussureggianti, interessante
vedere i pescatori che fanno la pesca notturna utilizzando delle lontre per
spingere i pesci contro le reti, i villaggi di pescatori e le miriadi di
barche con le reti calate in acqua ad aspettare che la corrente del fiume
faccia il suo lavoro.
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/227%20Pescatori.html DHAKA
Mi
consolo pensando io miei 200 dollari siano finiti in mano a qualcuno per il
quale questa somma sara’ stata sicuramente più importante di quanto lo fosse
per me. A
circa un’ora da Dhaka si trova Sonargaon, antica capitale del sultanato fino
al 1608, con la sua moschea del 1519 in stile pre-mogul ed un misero museo,
situato però in una bella “rajbari” (casa di un proprietario terriero).
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/248%20Sonargaon.html Poco
lontano si trova Painam Nagar, una strada lunga mezzo chilometro su cui si
affacciano una cinquantina di bellissimi palazzi costruiti verso la fine del
1800 dai ricchi proprietari indù. http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/260.html
http://www.federicop.eu/fotoBangladesh/slides/261.html
La
cosa più interessante, per noi, è stata una bella raccolta di statue
indù, mentre la cosa più interessante per gli altri visitatori …….. siamo
stati noi. Il
museo era discretamente affollato e tutti i visitatori, quando ci vedevano,
si avvicinavano seguendoci, ascoltando i nostri commenti e guardandoci
fissamente. Per
liberarci ogni tanto da questa attenzione troppo pressante dovevamo battere
le mani, fare la faccia un po’ cattiva (veramente ci veniva da ridere) e
gridare “go! go!”. Per
dieci minuti la cosa funzionava, poi ritornavano all’attacco. L’abitudine
di guardare così fissamente le persone l’abbiamo notata solo in
Bangladesh. Invariabilmente
dopo pochi minuti arriva una persona che ti si piazza davanti, vicinissima, e
inizia a guardarti in silenzio e in maniera, almeno per noi, un tantino
imbarazzante. I mmancabilmente
alla prima persona ne segue una seconda, poi una terza, e così via.
Speriamo
che, almeno oggi, riescano a farsi ricevere. Vai
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